I quattro Stati perfetti
Nel 709, Bisanzio decide di abbandonare la Sardegna poiché ormai incapace dal difenderla dalle incursioni saracene.
Accade forse in quella fase che l’Arconte bizantino di Cagliari decide di suddividere l’isola in quattro presìdi amministrativi per meglio organizzarne la difesa. La guida era affidata a quattro fidatissimi Re o Judices (Judike, Judighe poichè così era detto in tempi anteriori, il più alto funzionario bizantino dell’isola). I sardi rimangono ormai soli a fronteggiare la difficile situazione causata dalle continue incursioni arabe. Ognuno dei quattro presìdi sardi era dotato di un piccolo distaccamento militare e si indirizzò verso scelte culturali differenti, dando vita ciascuno ad una propria distinta nazionalità, maturando una propria lingua volgare (calaritana, logudorese, gallurese, arborense).
I regni sardi avevano la summa potestas, cioè non avevano legami di dipendenza giuridica con entità superiori esterne ( Papato o Impero) ed avevano facoltà di stipulare accordi internazionali. Nel 1015 la nascita dei quattro giudicati sardi è ormai accertata e la loro dipendenza è consolidata. Il re era scelto dalla Corona de Logu con un sistema misto elettivo-ereditario, seguendo precise regole genealogiche che prediligevano la linea diretta maschile e, secondariamente, con le donne non regnanti ma solo reggenti e portatrici di titolo regale per i figli maschi o per il marito. La cerimonia d’incoronazione avveniva in chiesa alla presenza dell’alto clero, dei maggiorenti e di tutto il popolo, officiato dal vescovo che consegnava al monarca lo scettro dopo aver accolto dall’eletto il giuramento solenne di non cedere alcun territorio o castello statale nè di stringere alleanze senza il consenso generale. Al Giudice spettava il supremo potere militare e giudiziario. Egli nominava e reggeva gli amministratori locali; deteneva a nome proprio e governava, secondo gli usi, il patrimonio pubblico del fisco (rennu), riscuoteva il reddito a lui spettante delle imposte dirette e indirette e dalle multe; dirigeva la politica interna e esterna dello Stato; poteva stabilire rapporti di vassallaggio di Stati più forti per averne la protezione.
Il Giudice governava affiancato da un consesso di maggiorenti (Sa Corona de Logu) formato dai rappresentanti delle più illustri famiglie. Il Sovrano aveva l’obbligo di tenere separato il suo patrimonio da quello dello Stato, ad evitare una condizione che in tempi moderni si chiamerebbe “conflitto di interessi”. In cima all’efficiente apparato burocratico del Giudicato stava “l’Armentario de Logu”, capo dell’Amministrazione finanziaria che si occupava delle necessità e del patrimonio dell’Erario con funzioni che raggrupperebbero oggi quelle dei Ministri del Tesoro, del Bilancio e delle Finanze. Sotto di lui operavano i “Majores”, ognuno dei quali aveva sei settori nei quali si articolava l’interesse dello Stato e svolgeva compiti che potrebbero essere paragonati a quello di un direttore di un moderno ministero. Il “Majore de Camera” si occupava di fisco e di finanze e il “Majore de Bujakesos” (o Maiore de Janna) comandava un gruppo di armati scelto e fidato al quale erano demandati la vigilanza di Palazzo e il compito di riscuotere i tributi che gli esattori raccoglievano nelle loro tasche (bujakas). Vi erano inoltre altri Majores impegnati in minori incombenze , come ad esempio quella di sovrintendere all’allevamento del bestiame (Porcariu”, Berbecariu) come anche alla lavorazione dei tessuti (Gennizzariu) per le esigenze di vestiario. Il “Majore de Caballos” svolgeva la funzione per le implicanze militari connesse all’incarico di curare e selezionare un patrimonio equino all’altezza di un’efficiente cavalleria leggera. Il “Majores de Canes” si occupava della caccia poiché questa costituiva in quel tempo, oltre che metodo di addestramento all’uso delle armi, soprattutto un mezzo di approvvigionamento alimentare. Il “Majore de Scolca” rispondeva delle compagnie di vigilanza che garantivano la proprietà da furti o danneggiamenti.
Ogni anno a marzo gli uomini validi prestavano giuramento di alleanza, “Sa jura de Scolca”, col quale si impegnavano alla sorveglianza dei fondi agricoli e delle colture, nonché al risarcimento collettivo e reciproco verso ognuno di loro in caso di eventuale danno. I Giudicati non erano stati patrimoniali, ma appartenevano al popolo il quale, col giuramento di bannus -consensus (concessione del potere in cambio del rispetto delle prerogative popolari), lo affidava al sovrano tramite la “Corona de Logu” (assemblea dello Stato). La Corona de Logu governava affiancata al Sovrano, era composta da un consesso di maggiorenti formato dai rappresentanti delle più illustri famiglie. In ogni Giudicato vi erano terreni ad uso comune e gratuito della collettività denominate “paberiles” (paupers=poveri). I territori giudicali erano divisi in circoscrizioni chiamate Curadorìas o Curatorìe (province) che fungevano da enti amministativi intermedi ed erano governate da un “Curadore” affiancato da una “Corona de Curadorìa”. Il Curadore, il più alto funzionario amministrativo locale, aveva funzioni assimilabili a quelle dei moderni Prefetti e dipendeva dal Giudice, rappresentandolo nella gestione politica, amministrativa e della giustizia. All’interno di ogni Curatorìa vi era un certo numero di Ville (biddas=paesi), in modo da ottenere una popolazione press’a poco uguale in ciascuna Curatorìa. In caso di incremento o regresso demografico la curatorìe venivano accorpate o divise, ridisegnando la mappa interna del territorio statale. Ogni paese (Villa) era guidato da un “Majore de Villa”, nominato dai Curadores e da un Consiglio del popolo chiamato “Coronas de Villa” che dipendeva sempre dall’autorità del Sovrano. Le votazioni per il rinnovo del parlamento giudicale si svolgevano in tutte le Ville del regno, gli uomini liberi si recavano nel capoluogo della propria Curatorìa riunendosi in assemblea distrettuale (Corona de Curadorìa) per eleggere davanti al Curatore, alla presenza di un notaio, il proprio rappresentante in seno alla Corona de Logu. Il Curatore praticava la giurisdizione ordinaria assistito dal suo tribunale di boni Homines (Corona de Curadore), in tutte le cause civili e penali, senza limiti di competenza, il Giudice poteva sostituirsi al Curatore nelle cause d’appello o dietro istanza di una delle parti in lite (Corona de Iudike). La composizione della società si articolava in tre diversi strati, ciascuno dei quali era ben individuato nei privilegi di cui aveva il godimento e nei gravami verso la collettività, ma non era ermeticamente chiuso a quei cittadini di livello inferiore che fossero riusciti a migliorare la propria condizione. In cima alla scala dei valori stavano le grandi famiglie che costituivano l’aristocrazia giudicale, da cui uscivano i Majores e tutti i funzionari destinati alle incombenze governative e alle più alte più religiose. Un livello più sotto era la classe dei Lieros (liberi), che comprendeva coloro che avevano per lo più soltanto la libertà personale e tra i quali emergevano i “possessores” o lieros mannos, piccoli proprietari terrieri che aspiravano ad inserirsi nelle famiglie dei Majores attraverso una crescita dei loro patrimoni, l’esercizio di importanti funzioni pubbliche o la benevolenza dei Sovrani. Per ultimi venivano i servi (o colliberti), che costituivano la componente più numerosa della comunità giudicale. Va precisato che la proprietà sui servi investiva soltanto il loro lavoro e non si poneva come schiavitù tradizionalmente intesa. Ad ogni servo veniva riconosciuta capacità giuridica e patrimoniale: potevano contrarre matrimonio, testimoniare nei processi, usufruire dei beni pubblici e dei diritti generali della comunità o addirittura ricoprire qualche ufficio amministrativo minore.
Le giornate lavorative del servo, non potevano superare il numero di sedici per ogni mese nel caso di un servo “Integro”, di otto giornate per un servo “laterato” e quattro giornate per un servo “pedato”: questo per concedergli di disporre a suo piacimento del tempo residuo e di utilizzarlo per lavorare in proprio, comprare volendo, la sua libertà e passare alla classe dei Lieros.
Elisa Monica Magario
Emily Volta
Fonti: “La storia di Sardegna”, Francesco Cesare Casula; ed. ETS
“La Città dei Giudici”, Franco Cuccu; ed. S’Alvure
Riproduzioni: http://it.wikipedia.org/wiki/Eleonora_d%27Arborea;
http://www.laurascolastica.it/tesine/I%20giudicati.html;
http://freeforumzone.leonardo.it/lofi/Mod-Sardegna/D9978850.html.;
http://sanminiatoaltedesco.blogspot.it/2010/09/ecclesiastici-con-origini-sanminiatesi;
http://is-arrioresus.blogspot.it/2011/06/storia-medioevale-della-sardegna_10.html.
2 Comments
perchè no…
non riesco ad iscrivermi…