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Chi dunque guarirà coloro che si ritengono sani? (L. Anneo Seneca).

Nel 1904 fu emanata la prima legge sui manicomi, secondo cui “Le persone affette per qualsiasi causa da alienazione mentale debbono essere custodite e curate nei manicomi, in caso siano pericolose a sé o agli altri, o qualora siano di pubblico scandalo“.

Fino al 1858, gli “squilibrati” di tutta l’Isola di Sardegna venivano abbandonati a sé stessi o internati a Cagliari, in due stanze ricavate nei sotterranei dell’antico ospedale civico di “Sant’Antonio Abate”. Nel 1859, nel nuovo ospedale civile “S. Giovanni di Dio”, fu aperta, tra le altre, la clinica psichiatrica.

Il manicomio di Cagliari propriamente detto, nasce nel 1892 sotto la direzione del Prof. Sanna Salaris. L’amministrazione dell’ospedale civile prese in affitto una tenuta agricola nella località di Monte Claro. L’edificio in uso era stato un tempo la casa del Banchiere Pietro Ghiani Mameli, ribattezzata “Villa Clara” in quanto situata sulla sommità del colle omonimo. In seguito, l’antica Villa Clara fu destinata a residenza del direttore e della sua famiglia. I rustici della tenuta furono adattati a stalle, magazzini e alloggi. La comunità agricola era predisposta per consentire la terapia del lavoro ai degenti validi, ma soprattutto per garantire il sostentamento autonomo del manicomio. La colonia comprendeva un mandorleto, un frutteto, una vigna, e campi coltivati a legumi e ortaggi, che garantivano l’alimentazione dei degenti. La comunità era anche fonte di guadagni, attraverso la vendita dei prodotti a medici e dipendenti dell’ospedale,nonchè a comuni cittadini che potevano acquistare quelle merci.

La costruzione dell’Ospedale Psichiatrico fu affidata all’ingegnere Stanislao Palomba. L’ingegnere decise di costruire un ospedale “a villaggio”, ossia costituito da vari padiglioni collegati tra loro da vialetti, secondo un modello diffuso nei manicomi europei. I muri di cinta erano alti tre metri, per impedire eventuali fughe e nascondere alla gente comune cosa accadeva al loro interno. I pavimenti dei padiglioni destinati ai pazienti dovevano essere di cemento liscio al piano terreno, e di mattonelle d’argilla ai piani rialzati. Le pareti interne erano progettate per essere rivestite con stucco lucido fino ai due metri d’altezza, così da poter essere lavate facilmente. Le porte e le finestre, che servivano a contenere i pazienti, dovevano essere robuste e sicure.

Il Villa Clara fu costruito per ospitare un massimo di 500 pazienti, ma arrivò a contenerne anche 1800. Quando un nuovo eventuale paziente faceva il suo ingresso in manicomio, oltre alla visita del medico, veniva sottoposto a quindici giorni di isolamento legato ad un letto in totale contenzione, e tenuto sotto stretta osservazione. Alla fine di tale periodo, a seconda del comportamento del paziente, calmo o agitato, poteva essere dichiarato sano di mente, e quindi dimesso, o affetto da disturbi psichiatrici, e quindi ricoverato.

Presso l’ospedale psichiatrico non venivano alloggiate solo persone colpite da patologie mentali, ma anche alcolizzati, omosessuali, bambini non desiderati, abbandonati o affetti da malformazioni fisiche. Le terapie comprendevano purghe, clisteri e bagni gelati; inoltre, intorno agli anni ’40, presero piede le terapie da shock insulinico ed elettroshock. La legge Basaglia del 1978 impose la chiusura degli ospedali psichiatrici, ma il Villa Clara continuò a restare in funzione.

Il grande cancello si chiuse vent’anni dopo, il 18 Marzo 1998, con gli ultimi ospiti che, smarriti e increduli, si allontanarono per sempre dal loro vecchio ricovero. Attualmente, dei 42 ettari su cui si sviluppava il vecchio manicomio, una parte è chiusa al pubblico e molti padiglioni sono abbandonati, mentre la parte restante rimane visitabile come Parco di Monte Claro. L’archivio sanitario oggi è custodito presso l’Archivio di Stato di Cagliari, e conta oltre 16.000 cartelle cliniche, le quali riassumono tutta la storia clinica dei pazienti, riportata nelle tabelle nosologiche e in quelle cliniche compilate dai medici.

Nell’archivio vi sono anche lettere degli ammalati mai spedite, e lettere dei familiari al direttore.

Elisa Monica Magario;

Emily Volta

Patrizia Secchi.

Fonte: http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=comparc&Chiave=9985

Foto: Marina Patteri;

Daniele Longoni;

http://associazione5novembre.blogspot.it/2009_11_01_archive.html;

Dal catalogo della mostra L’occhio della Cronaca di Josto Manca;

http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/205057;

http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=615&s=17&v=9&c.

Approfondimenti: L’Umanità Negata – Sogni e Follie da un manicomio – Mauro Piludu

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9 Comments

  1. Mio padre ha lavorato a Villa Clara come infermiere; abitava al suo interno tanto che mio fratello maggiore nacque li nel 1942; io ho vissuto da sempre dei suoi racconti dei derelitti provati dalla guerra; tale esperienza lo segnò a tal punto che dai primi degli anni ’50 si iscrisse alla UNITALSI e per oltre 40 si prodigò nei pellegrinaggi a Lourdes e Loreto in qualità di barelliere; tale impegno per la altrui sofferenza gli valse la medaglia d’oro al merito…ma l’esperienza di Villa Clara la portò sempre nel cuore.

  2. Villa Clara prende il nome dalla moglie del banchiere, appunto Clara Ghiani Mameli.

  3. Avevo 7 anni mio padre e mia matrigna, mi misero in manicomio, oggi ho 83 anni e non ho mai dimenticato quel periodo tra i veri matti. Io matta non ero, solo che non mi voleva nessuno.

  4. Avrei tanto da raccontare, sono esperienze che non si dimenticano mai.

  5. ..che storia triste.Anche mia nonna è stata ricoverata due volte in questo manicomio..


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